mercoledì, 24 Aprile 2024
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Forum per il Mediterraneo

«Il Mediterraneo è, oggi più che mai, un'opportunità che abbiamo a portata di mano e che non possiamo farci sfuggire». Lo ha sottolineato oggi il presidente della Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), Paolo d'Amico, intervenendo a Milano al “Panel Infrastrutture” nell'ambito della seconda edizione del “Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo” organizzata dalla Camera di Commercio di Milano – Promos in collaborazione con i ministeri degli Affari esteri e dello Sviluppo economico e con la Regione Lombardia.

Parlando del trasporto via mare e riferendosi alle iniziative per l'allargamento dei mercati tra cui la creazione dell'area di libero scambio mediterranea prevista dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995 («tutti sappiamo – ha commentato – che non potrà essere rispettato il termine del 2010 per il suo avvio»), d'Amico ha evidenziato la necessità di «dare un'accelerazione al processo di liberalizzazione» che «porterà vantaggi economici per tutti». «Noi italiani – ha aggiunto – non possiamo permetterci di restare alla finestra in un processo di apertura dei mercati così importante. Francia e Spagna hanno lanciato l'Unione per il Mediterraneo e potenziato i loro principali porti con massicci investimenti infrastrutturali. I paesi del Nord Africa e del Medio Oriente stanno avviando progetti di forte sviluppo marittimo portuale. A fronte del progresso degli altri Paesi – ha osservato – quale ruolo potranno giocare i nostri scali penalizzati da una normativa inadeguata e da povertà di finanziamenti? Non possiamo pensare che la centralità geografica del nostro Paese possa bastare senza infrastrutture adeguate e competitive».

Paolo d'Amico ha ricordato che «il 19 % dell'intero traffico marittimo mondiale transita all'interno del Mediterraneo ove si trovano più di 80 porti di rilevanza internazionale. Parliamo – ha precisato – di circa 1,4 miliardi tonnellate di merci l'anno che vengono trasportate da oltre 2.000 navi in movimento ogni giorno nel nostro mare. Il 30 % del petrolio mondiale e quasi i due terzi delle risorse energetiche necessarie all'Italia e agli altri Paesi europei passano per il Mediterraneo, comprese quelle trasportate dai gasdotti sottomarini. Un bacino che abbraccia 25 Stati di tre continenti e che nel 2020 rappresenterà un mercato potenziale di 525 milioni di persone». «Sono evidenti – ha aggiunto – le grandi potenzialità dell'area qualora si riuscisse a sviluppare una vera logistica integrata che abbia come fulcro il mare, un'infrastruttura naturale a costo zero. In questo contesto, l'obiettivo del rilancio dell'Italia quale asse strategico dei traffici all'interno del Mediterraneo è possibile perché vi sono i presupposti non solo geografici, ma soprattutto commerciali. Se pensiamo infatti che l'interscambio dell'Italia con i Paesi della sponda nordafricana nel 2008 era pari a 25 miliardi di euro in export e 39 miliardi in import appaiono evidenti le potenzialità di sviluppo. Vi faccio notare che questi flussi avvengono quasi esclusivamente via mare. Non dimentichiamo che molti corridoi europei, asiatici e africani, giungono ai porti mediterranei e da questi le merci proseguono via mare il loro viaggio multimodale».

Il presidente di Confitarma ha evidenziato la crescita dell'importanza dello short sea shipping in Europa, «che oggi rappresenta il 62% del totale delle merci trasportate via mare dall'Unione» e in Italia, la cui flotta di traghetti «è la seconda al mondo dopo quella giapponese e in Italia il traffico rotabile è di poco inferiore a quello containerizzato». d'Amico ha quindi sottolineato la rilevanza delle autostrade del mare quale fattore di sviluppo: «è una rete infrastrutturale – ha spiegato – che, a differenza di quella terrestre, ha il vantaggio di essere immateriale e di non richiedere investimenti faraonici e tempi biblici per la sua realizzazione: è sufficiente avere navi e porti efficienti. Noi le navi le abbiamo – ha aggiunto – ma i porti non funzionano».

Secondo d'Amico, le infrastrutture portuali italiane «non sono in linea con l'evoluzione della flotta» e «oggi la storica leadership italiana nel Mediterraneo è messa fortemente in discussione, proprio per quanto riguarda il settore marittimo-portuale». «Infatti – ha spiegato – non solo unità italiane, ma navi di tutto il mondo spesso non vengono nei nostri porti. Perché? Perché non trovano scali adeguati a riceverle o, semplicemente, perché i fondali non sono abbastanza profondi. A questo si potrebbe porre rimedio. Tutti avvertiamo l'esigenza di colmare il gap infrastrutturale del sistema portuale italiano per consentirgli di cogliere le opportunità che verranno offerte dalla futura ripresa economica, ma – mentre tutti sono d'accordo sulla diagnosi – ci sono molte perplessità circa la terapia. Da diversi anni si sta lavorando per un aggiornamento della legge sui porti, dal quale si attendono soluzioni ai problemi emersi nel periodo in cui la legge è stata in vigore. I principi ispiratori della revisione della legge puntano ad una maggiore efficienza della nostra portualità, sia in termini di capacità progettuale che di snellezza delle procedure amministrative. È necessario che governo e parlamento rispondano in tempi brevi. Ma parlare di questa riforma ha particolarmente senso oggi che affrontiamo il discorso del Mediterraneo. Solo con questa riforma potremo riaffermare il ruolo dell'Italia nell'area mediterranea».

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Luca Barassi
Luca Barassi
Direttore editoriale e responsabile.
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